Quando il concetto dell’intervento di post-produzione, amplificatosi nell’era del digitale, supera la realtà… La fotografia: “La Luna e la Rocca: storia d’amore” l’ho scattata più o meno alla fine degli anni ’80, quando ila fotografia digitale ancora non esisteva, con una pellicola in bianco e nero. Ricordo perfettamente il lavoro che feci in camera oscura, bruciando quelle nuvolette presenti nel negativo originale e che alteravano totalmente il rapporto univoco tra la Luna e la Rocca di Calascio. Quest’immagine è tra le mie più note e dopo averla messa nel cassetto perché stanco di vederla, l’ho ritirata fuori qualche anno fa durante un mio corso di fotografia. Ed è proprio allora che è iniziato il divertimento, che continua ancora oggi. Le persone, vedendo “La luna e la Rocca” nel mio studio mi chiedono se si tratta di un’elaborazione fotografica fatta con Photoshop, non immaginando che si tratta semplicemente di una fotografia originale in bianco e nero. In conclusione. Il digitale ha creato, secondo me, una specie di “alterazione percettiva“: anche le cose più naturali diventano una finzione, una ricostruzione. Con il digitale tutto è possibile, anche l’impossibile o l’improbabile. Io voglio continuare a vedere la mia fotografia vera e combattere culturalmente per questo concetto, anche se riconosco il valore dialettico e comunicativo della post-produzione. In fondo il mondo (fotografico) è bello perché vario…